Senza “Roe v. Wade” l’indice di mortalità materna è destinato a crescere

Dopo la revoca del diritto all’aborto negli Stati Uniti, le morti legate alle gravidanze sono sicuramente destinate ad aumentare, specialmente tra le persone appartenenti alle minoranze, secondo gli esperti, che raccomandano azioni urgenti per proteggere i diritti riproduttivi e la salute delle pazienti nel Paese.

Come riportato dal Guardian, che ha intervistato Rachel Hardeman, professoressa di salute riproduttiva egualitaria e ricercatrice alla University of Minnesota School of Public Health, ci saranno molte più persone che verranno costrette a portare a termine una gravidanza, e questo significa che aumenterà anche il numero di quelle a rischio. “Più gravidanze significano anche più morti materne“, ha osservato la professoressa.

I divieti statali che verranno approvati nelle prossime settimane faranno registrare un aumento di 75.000 parti all’anno. E questi avranno effetto in maniera sproporzionata soprattutto sulle persone più giovani, più povere, su quante hanno già dei figli e sulle donne appartenenti a minoranze.

Ma gli Stati Uniti è un paese dove è estremamente difficile essere una donna incinta, con il più alto tasso di mortalità tra i Paesi sviluppati, che negli ultimi anni è anche rapidamente aumentato. Per ogni 100.000 nascite, quasi 24 persone sono morte a causa della gravidanza o per altre complicanze legate al parto nel 2020, per un totale di 861 donne, secondo il US Centres for Disease Control and Prevention (CDC).

A seguito della decisione della Corte Suprema di ribaltare la “Roe v. Wade“, c’è anche chi, come l’ex vicepresidente USA Mike Pence, un divieto a livello nazionale, ma questo determinerebbe un aumento del 21% della mortalità legata alle gravidanze in tutto il Paese, ma sarebbe ancora peggiore per le donne nere, indigene e latine: il dato che le riguarda salirebbe al 33%, secondo uno studio condotto dall’University of Colorado Boulder.

Secondo la professoressa Hardeman, infatti, “il fatto che le donne delle comunità nere, indigene e latine saranno maggiormente colpite dal mancato accesso all’aborto farà crescere ancora di più il gap razziale nella mortalità materna che già esiste negli Stati Uniti”. Le persone incinte appartenenti alle minoranze sono state a lungo marginalizzate e trascurate dal sistema sanitario, e hanno spesso sperimentato razzismo e discriminazione a tutti i livelli.

Gli stati che hanno vietato o applicato restrizioni registrano alcuni dei più alti tassi di mortalità legati a gravidanza e parto, così come i più alti tassi di mortalità infantile. Il Mississippi, per esempio, dove ha avuto origine il caso Roe versus Wade, ha un tasso di mortalità materna due volte superiore a quello del resto del Paese e il più alto tasso di mortalità infantile.

E mentre la metà del Paese è in procinto di vietare l’aborto, altri Stati e città hanno lavorato per garantire questo diritto, anche alle pazienti non residenti. Ma restano comunque limitazioni importanti per raggiungere questi luoghi sicuri. Molte persone delle comunità marginalizzate che devono ogni giorno affrontare barriere sistemiche per avere accesso al sistema sanitario potrebbero non avere gli strumenti, le risorse, il denaro e il tempo per poter abbandonare il lavoro o la cura di casa e figli per viaggiare in un altro Stato e ricevere le cure di cui avrebbe bisogno.

Articolo originariamente pubblicato su theguardian.com
Traduzione di Eleonora Panseri

Argentina, decisione storica sull’aborto: primo passo verso la legalizzazione

Buone notizie dall’Argentina. Dopo una seduta iniziata il 10 dicembre alle ore 11 e conclusasi dopo 19 ore, la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge per la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Una pratica, quella dell’aborto, ammessa al momento solo nel caso in cui la salute della donna sia in pericolo o in caso di stupro. Per passare all’esame del Senato, dove nel 2018 il disegno era stato bocciato, erano necessari 129 voti favorevoli. L’esito della discussione ne ha portati ben 131 a favore. Contro 117, solo 6 gli astenuti.

Ci sono buone possibilità che il documento ottenga un secondo “Sì”, visto che il testo originario è stato modificato rispetto a quello proposto in precedenza. L’inserimento dell’obiezione di coscienza, contestata dai movimenti femministi, e il sostegno del partito al governo sono due elementi che potrebbero fare la differenza. Infatti, il progetto di legge è stato presentato con l’appoggio del presidente Alberto Fernández a metà novembre insieme a quello per l’assistenza sanitaria e la cura di quante, al contrario, decidono di portare a termine la gravidanza.

La gioia dei movimenti femministi e di migliaia di persone è esplosa per le strade di Buenos Aires, al grido di “In questa lotta, ci siamo tutte!”. Sventolano in aria fazzoletti verdi, scelti come simbolo del diritto all’aborto legale.

Quello dell’aborto è infatti un problema serio e un tema molto sentito nel paese e in tutto il Sud America. Sono migliaia le ragazze minorenni alle quali non viene garantito il diritto di interrompere la gravidanza e costrette a dare alla luce il frutto delle violenze. La resistenza proviene soprattutto da esponenti della Chiesa cattolica, presenza molto forte in molti paesi sudamericani. È infatti di qualche settimana fa la notizia delle proteste di gruppi anti-abortisti contro l’interruzione di gravidanza di una bambina di dieci anni, rimasta incinta dopo essere stata stuprata dallo zio in Brasile. L’Argentina femminista, e noi con lei, resta con il fiato sospeso nella speranza che la proposta divenga finalmente legge.

Eleonora Panseri