Scarcerato Bill Cosby: «Il processo non fu equo»

Dopo tre anni di pena scontata in carcere per violenza sessuale aggravataBill Cosby è un uomo libero. La mattina di mercoledì 30 giugno, l’attore, che compirà 84 anni il prossimo luglio, è rientrato nella sua casa di Elkins Park nel sobborgo nord di Philadelphia, accompagnato dai suoi legali e da alcuni familiari. Lo ha deciso la Corte Suprema della Pennsylvania – ultima istanza a livello statale – che ha annullato la condanna in appello a dieci anni dello scorso 26 aprile 2018. La decisione dei giudici non è entrata nel merito della sentenza e non riabilita la figura di Cosby, accusato di stupro da 36 donne. La scarcerazione è stata ordinata per due motivi di natura procedurale. Il primo: riaprire il processo nonostante un precedente accordo stragiudiziale tra imputato e magistrati è stata una violazione che ha reso il processo non equo. Il secondo: la testimonianza di numerose vittime estranee alla vicenda processuale ha condizionato la decisione della giuria, che avrebbe dovuto attenersi ai fatti del 2004, quelli denunciati da Andrea Constand.

La vicenda – I guai giudiziari per l’attore, musicista, e sceneggiatore americano – che aveva raggiunto la fama planetaria recitando il ruolo del buon padre di famiglia nella sitcom “I Robinson” – erano iniziati nel 2004, dopo la denuncia di Andrea Constand, allora impiegata della Temple University di Philadelphia. Subito dopo l’incontro tra i due, avvenuto nella residenza di Cosby, la donna sporse denuncia alla polizia, riferendo di essere stata intrappolata, drogata e abusata sessualmente dall’attore. Sentito dagli inquirenti, Cosby fece mettere a verbale che sì, ci fu «un rapporto sessuale, ma con il pieno consenso» della donna, allora trentunenne. Le parti raggiunsero un accordo stragiudiziale e gli inquirenti garantirono alla star di Hollywood che non sarebbe stato perseguito.
Così è stato per dieci anni. Con lo scoppio dello scandalo Weinstein, nel 2014, il sostituto procuratore Kevin Steele accoglie la richiesta dei nuovi legali di Andrea Constand di riaprire il caso. Il verbale trapela e nel 2015 finisce in prima pagina sul New York Times. È in quel momento, storico, che 35 donne prendono coraggio e si uniscono alle accuse della Constand, abbattendo un muro di silenzio decennale. Il processo riparte e si conclude con la prima condanna, proprio quella di Bill Cosby, nell’ambito dello movimento #MeToo

Le ragioni della Corte Suprema – Bill Cosby si è sempre dichiarato innocente. Con determinazione ha rifiutato di pentirsi e prendere parte a programmi di recupero che gli avrebbero garantito sconti di pena. Ma la decisione della suprema Corte di Philadelphia di annullare la condanna per violenza sessuale aggravata non entra nel merito e nei contenuti della sentenza d’appello.
Accogliendo il ricorso dei legali di Cosby, i giudici hanno ritenuto fondati due vizi procedurali che hanno reso il processo non equo. Il primo: la decisone del procuratore Kevin Steele di riaprire il caso nel 2015 è stata una violazione dell’accordo stragiudiziale tra l’imputato e altri magistrati avvenuto nel 2004. Perseguire Cosby a dieci anni di distanza è stato illecito.
In secondo luogo, il coinvolgimento di altre, numerose testimoni, tra cui la top model Janice Dickinson, avrebbe contribuito a tratteggiare il profilo di predatore seriale dell’attore, influenzando la decisione della giuria che avrebbe invece dovuto attenersi ai fatti relativi alla denuncia di Constand, e non al quadro più ampio emerso nel corso del dibattimento.

Le reazioni – Numerosissime le reazioni da Hollywood e dal mondo dello spettacolo che esprimendo sdegno per la decisione della Corte Suprema di Philadelphia, hanno espresso la propria solidarietà alle vittime di Cosby via Twitter.

Filippo Menci (qui il suo blog)

Molestia e corteggiamento: differenze

Correva l’anno 2018 quando Catherine Deneuve, con un centinaio di donne francesi, firmava una lettera per contestare la caccia alle streghe innescata dal #MeToo. L’attrice incorreva nel solito errore: l’inversione del carnefice con la vittima. Anche se sono passati due anni, credo che questo argomento non sia mai troppo dibattuto, anzi, forse troppo poco. Già allora avevo provato a pensare a una risposta, questo è il risultato:

Gentili Madame Deneuve e simpatizzanti,

penso che la libertà di corteggiare nulla abbia a che fare con il diritto delle donne di essere rispettate. Nessuno si sognerebbe mai di indentificare come poco di buono un uomo che tenti di sedurre una collega senza essere corrisposto. Intelligenza vuole che il malcapitato sappia comprendere, nonostante l’insistenza, quando non è il caso di andare oltre. Tantomeno sembra opportuno accostare un tentativo di rimorchio ad una violenza sessuale. A dimostrazione del fatto che le femministe non sono nemiche degli uomini, anche loro corteggiano, seducono. Anche loro non vengono corrisposte. La maggior parte di loro non diventa violenta se rifiutata. Credo nessuna abbia mai palpeggiato un ragazzino sulla metropolitana. Perché se è questo il messaggio che vogliamo trasmettere alle giovani donne della nostra epoca, significa che dobbiamo rassegnarci a salire su un mezzo pubblico consapevoli che, se non riusciremo a raggiungere quel dannato posto a sedere, un uomo molto più vecchio si posizionerà dietro di noi per tastare la consistenza del nostro fondoschiena. Questo nella migliore delle ipotesi ovviamente. Altrimenti, se siamo fortunate, potremo sentire il suo membro variare di consistenza mentre si struscia contro il nostro corpo. Esperienza veramente esaltante, di cui sentirsi lusingate. Perché d’altronde rientra nel corteggiamento che gli uomini possono riservarci giusto? È un loro diritto rendere spiacevole il nostro viaggio verso casa, dopo una giornata di fatiche. Perché sostanzialmente la donna è stata creata per essere apprezzata dall’uomo, un gioco a suo esclusivo beneficio e consumo. Poco importa che ci faccia sentire un oggetto sporco e abusato, spesso sbagliato. Piacere prima di tutto. Essere accondiscendente di fronte alle pulsioni dell’uomo come diretta conseguenza. Insegniamo alle nostre figlie che se un giorno un collega farà loro una battuta pesante sulla loro scollatura non è perché stia loro mancando di rispetto, certo che no! Sta semplicemente facendo un apprezzamento, le sta corteggiando. Hai raggiunto il tuo obiettivo tesoro! Gli piaci, riesci a far venire fuori la bestia vittima delle proprie pulsioni sessuali che c’è in lui, ben fatto. E non ti preoccupare cara se, per ottenere quel posto di lavoro e mantenerlo nel tempo, dovrai sottometterti a favori sessuali a beneficio del tuo superiore. Un bel respiro e passa tutto in fretta. Alla fine ha scelto te no? Sei meglio delle altre, hai vinto. Cosa sarà mai un po’ di sesso con una persona che ti fa ribrezzo. In fondo ammettilo, ti piace pure.

Chiara Barison

A cosa è servito il #MeToo: da Hollywood all’ondata cinese

Xianzi, al secolo Zhou Xiaoxuan, è una delle poche donne cinesi ad aver ottenuto l’avvio di un processo per molestie sessuali contro un intoccabile della tv di Stato di Xi Jiping. Ventisette anni, il suo calvario è iniziato nel 2014 quando – durante uno stage – è stata palpata e baciata contro la sua volontà dal noto conduttore Zhu Jun. Anche lui, come il suo predecessore hollywoodiano Harvey Weinstein, deve l’interesse della stampa generalista mondiale alle sue abitudini da predatore sessuale.

Il caso – Aggredita mentre lavorava negli studi televisivi del canale CCTV, Zhou trova il coraggio di rendere pubblico l’accaduto solo nel 2018 pubblicando un lungo post online. L’accusa diventa poi virale grazie all’amica Xu Chao che la condivide via Weibo (piattaforma social cinese simile a Facebook). Da quel momento inizia la battaglia legale in cui Zhu Jun risulta già parzialmente sconfitto. Infatti, rigettando ogni accusa mossa contro di lui, fa causa a Xianzi e Xu Chao per diffamazione. La richiesta viene però archiviata dai giudici cinesi. Ora l’accusato è lui: se venisse condannato dovrebbe porgere pubblicamente le sue scuse e versare 50 mila yuan (sei mila euro circa) a titolo di risarcimento a favore della vittima.

I precedenti – Per un contesto come quello cinese, il solo fatto che l’imputato sia un personaggio pubblico è un traguardo enorme. Così come l’aver catalizzato la mobilitazione internazionale. Infatti, a differenza del #Metoo statunitense, in Cina le prime a prendere posizione contro gli abusi subiti dalle donne sono state le studentesse universitarie, facendo molto meno rumore delle attrici famose. Nel 2018, la ricercatrice Luo Qianqian è la prima a pubblicare la sua storia su Weibo con l’ashtag #WoYeShi (traduzione cinese di #MeToo). Le manifestazioni di protesta sono mal tollerate dal regime comunista, che risponde attuando la linea dura della repressione arrestando diverse attiviste.

La forza della condivisione – Xianzi individua proprio nel diffondersi del movimento #MeToo ciò che le ha dato la forza di denunciare. Lei stessa afferma che nel 2014 i poliziotti ai quali si era rivolta hanno tentato di dissuaderla dal denunciare un uomo famoso e potente. Lo stesso schema è stato smascherato dal giornalista Ronan Farrow, che del #MeToo ha fatto un libro (“Predatori. Da Hollywood a Washington, il complotto per ridurre le vittime di abusi al silenzio”, pubblicato in Italia da Solferino). Dall’inchiesta emerge chiaramente quanto la violenza sulle donne sia fondata sull’assuefazione all’intimidazione. Tra le vittime di Weinstein c’è Emily Nestor, due lauree e l’ambizione di dirigere uno studio di produzione. «La disinvoltura e la mancanza di inibizione delle molestie che aveva subito le avevano fatto pensare che si trattasse di un comportamento abituale», racconta Farrow «e la reazione incontrata quando le aveva denunciate l’aveva amareggiata. Ma aveva paura di una rappresaglia». Emily è stata oggetto di insistenti avance non richieste sul luogo di lavoro. Dopo aver segnalato l’episodio alle Risorse umane della Miramax, ha scoperto che la tutela era tutta una farsa. A causa del trauma subìto lascia il suo lavoro e abbandona completamente l’idea di fare carriera nel mondo dello spettacolo. Nonostante l’episodio di molestie risalga al 2014, trova il coraggio di parlare solo qualche anno dopo. Si è spesso chiesta: «È così che gira il mondo?». A piccoli passi, forse il mondo inizia a girare nel modo giusto anche per le donne: nel codice civile cinese le molestie sessuali sono state inserite solo nel 2005, mentre la definizione precisa è arrivata a maggio 2020. Inoltre, a partire da giugno 2021 le scuole saranno tenute ad inserire lezioni di educazione sessuale.

Chiara Barison