Giappone, il trono del crisantemo avrà un’imperatrice?

Le donne della famiglia imperiale giapponese sono escluse dalla linea di successione. Ma in un futuro forse non troppo lontano le cose potrebbero cambiare.

Nel dicembre 2018 il 125esimo imperatore del Giappone Akihito annunciò la decisione di abdicare, concretizzatasi qualche mese dopo, il 30 aprile 2019. Un evento che nella storia del Paese si era verificato in precedenza solo una volta, 202 anni prima, con l’imperatore Kokaku.
La notizia aveva destato scalpore mediatico e creato un problema costituzionale. In più, all’epoca era stata sollevata una questione che dopo due anni resta ancora irrisolta, quella di una possibile successione femminile.

Al trono non è mai salita un’imperatrice e i conservatori continuano a sperare che questo non accada. Tutto però fa pensare che prima o poi sarà necessario prendere in considerazione questa eventualità.
Perché?

La famiglia imperiale giapponese.

Dei 18 membri che compongono attualmente la famiglia imperiale, 13 sono donne. In più, l’erede diretto in linea di successione è una ragazza: Aiko, figlia dell’attuale imperatore Naruhito, successore del “dimissionario”.
Dopo di lei verrebbero le sue cugine, figlie del fratello di Naruhito, Akishino: Mako e Kako.
Così, eliminate le dirette discendenti per questioni di genere, resta solo Hisahito, il terzogenito 14enne che salirebbe al trono dopo lo zio e il padre. Tuttavia, se il futuro imperatore non avesse figli maschi, il problema si ripresenterebbe.

A tutto ciò si aggiunge la questione dei matrimoni delle discendenti femminili con i cosiddetti “commoners“, persone non appartenenti alla famiglia reale che, sposandosi con le principesse, annullerebbero lo status delle compagne e quindi la possibilità di eventuali figli di salire al trono.

Pur essendo il Giappone un paese con espressioni di profonda misoginia, secondo l’agenzia di stampa nipponica “Kyodo News” l’80% di chi ha partecipato a un sondaggio condotto tra marzo e aprile scorso ha dichiarato che accetterebbe senza problemi un’imperatrice. A dimostrazione del fatto che anche il Parlamento giapponese dovrebbe iniziare a pensare a questa eventualità e rivedere la Costituzione in merito. A meno che il Paese del Sol Levante non voglia vederlo tramontare sul trono del crisantemo.

Eleonora Panseri

Tokyo 2021, le affermazioni sessiste del Presidente del Comitato olimpico giapponese

“Le riunioni cui partecipano troppe donne in genere vanno avanti più del necessario”.
Yoshiro Mori, 83 anni, ex primo ministro (dal 2000 al 2001) ed attuale presidente del Comitato olimpico nipponico (JOC), ha risposto così ad una domanda sulla scarsa presenza femminile nell’organo che presiede. Le donne sono infatti solo 5 su 23 membri. Per questo esiste una proposta di riforma del ministero dell’Istruzione giapponese che aumenterebbe dal 20 al 40% il numero di donne nel comitato direttivo dei Giochi.

Secondo Mori, se venisse effettivamente incrementata la percentuale di donne nel consiglio, sarebbe necessario “contenere la durata dei loro interventi”. Il motivo? “Altrimenti non smettono di parlare e la questione diventa problematica”.

I giornali giapponesi hanno riportato l’accaduto raccontando come l’affermazione abbia generato sul momento l’ilarità generale. Sui social e in altri contesti invece le parole del presidente hanno sollevato dure critiche.
La direttrice del Comitato Kaori Yamaguchi ha precisato che “la parità di genere e un maggior rispetto per le persone con disabilità sono valori fondamentali per gli organizzatori dei Giochi a Tokyo. È deplorevole che il presidente del comitato organizzatore faccia questi commenti”.

Nonostante alcuni le abbiano richieste ed altri se le aspettassero, le dimissioni di Mori sono state smentite dallo stesso. Il Presidente si è scusato, ritenendo il commento inappropriato e contrario allo spirito della competizione organizzata dal comitato: “Sono profondamente pentito. Vorrei ritirare la dichiarazione. Vorrei scusarmi per eventuali sentimenti spiacevoli”. Anche se, rispondendo ad un cronista che gli chiedeva se effettivamente le riunioni del comitato si protraessero a causa della verbosità delle donne, Mori avrebbe detto: “Non parlo tanto con loro, non so“.

Tralasciando quest’ultima affermazione, il passo indietro resta comunque gradito. Tuttavia, la mentalità misogina profondamente radicata nella società nipponica è tristemente nota. Il Giappone si trova infatti al 121esimo posto nel rapporto sul divario di genere del “World Economic Forum“, che di Paesi ne considera 152.

Quello del presidente Mori non è da considerarsi come un caso isolato.
Nel 2018 l’Università di Tokyo si trovò coinvolta in uno scandalo gravissimo: il quotidiano cinese Yomiuri Shimbun rivelò che dal 2011 i risultati dei test di ammissione delle donne candidate alla facoltà di medicina erano stati alterati affinché queste fossero il 30% in meno del totale. Gli uomini erano ritenuti infatti “più adatti” all’ambiente ospedaliero. Del giugno e novembre 2019 sono invece le proteste portate avanti dalle donne giapponesi contro le assurde imposizioni che sono costrette a subire sui luoghi di lavoro: tacchi alti obbligatori e occhiali vietati.

Una situazione che decisamente non si addice alla terza potenza economica mondiale.

Eleonora Panseri