Quirinale, da Cederna a Belloni: tutte le donne (quasi) Presidente della Repubblica

Da qualche giorno circola il nome di Elisabetta Belloni, la donna a capo dei servizi segreti italiani, come possibile figura terza che metta d’accordo le diverse forze politiche chiamate a eleggere, il 24 gennaio, il nuovo Presidente della Repubblica italiana. Se Belloni dovesse effettivamente salire al Colle, sarebbe la prima donna a farlo (come già lo è stata, nel ricoprire la carica che attualmente riveste). Anche se il suo non è l’unico nome femminile apparso nella lunga storia delle elezioni al Quirinale.

Camilla Cederna, Elena Moro e Ines Boffardi

Le prime candidate al ruolo apparvero in sede di scrutinio soltanto 30 anni dopo l’istituzione del ruolo presidenziale. Nel 1978 venne poi eletto Sandro Pertini (1896-1990), prima partigiano, poi politico e giornalista, uno dei più amati presidenti della Repubblica di sempre (il settimo). Ma durante lo scrutinio vennero fatti anche i nomi di Camilla Cederna (1911-1997), giornalista famosa per l’inchiesta realizzata per l’Espresso che costrinse il predecessore di Pertini, Giovanni Leone, a dimettersi; quello di Eleonora Moro (1915-2010), moglie dell’ex presidente del Consiglio assassinato lo stesso anno, Aldo Moro; e il nome di Ines Boffardi (1919-2014), partigiana attiva nelle Sap, le Squadre di azione patriottica, durante gli anni della guerra. Le tre ottennero rispettivamente quattro, tre e due voti. Il futuro presidente Pertini, in qualità di presidente della Camera durante le votazioni di quell’anno, dovette richiamare i colleghi che di fronte ai voti di Boffardi scoppiarono a ridere: «Colleghi, non c’è nulla da ridere, anche una donna può essere eletta!».

Camilla Cederna (Photo by Fototeca Gilardi/Getty Images)

Nilde Iotti

Il nome di Cederna apparve anche nell’elezione successiva, quella del 1985, insieme a quello della partigiana Tina Anselmi (1927-2016), prima donna eletta ministro della Repubblica nel 1976. Anselmi venne candidata anche alle votazioni del 1992, dove ottenne 19 voti. Ma quell’anno fu Nilde Iotti (1920-1999), partigiana e per 13 anni (dal ’78 al ’92) prima donna a ricoprire l’incarico di presidente della Camera, a ottenere un ottimo risultato. Proposta dal partito democratico della sinistra come candidata di bandiera, conquistò 256 preferenze. Molte, se pensiamo a quelle delle colleghe, ma non sufficienti per superare il quorum e venire eletta.

Nilde Iotti (Photo WikimediaCommons)

Emma Bonino

Emma Bonino (1948-), storica leader del Partito radicale e senatrice della Repubblica, è stata nominata per la prima volta alle elezioni del 1999, insieme a Rosa Russo Iervolino (1936-), parlamentare dal ’79 al 2001 ed ex sindaca di Napoli. In quell’occasione le due ottennero rispettivamente 15 e 16 preferenze. Il nome di Bonino è poi tornato in tutte le successive elezioni: nel 2006, insieme a quelli di Anna Finocchiaro, Franca Rame e Lidia Menapace; nel 2013 ancora con Finocchiaro, Rosy Bindi, Paola Severino, Alessandra Mussolini, Daniela Santanchè e Annamaria Cancellieri, nel 2015 insieme al nome di Luciana Castellini. Anche per la votazione del 2022 alcuni avevano parlato di lei, ma  in un’intervista a Repubblica, Bonino ha detto: «Ringrazio tutti quelli che pensano a me, da Roberto Saviano a Carlo Calenda a tutti i militanti che mi scrivono. Ma credo proprio che il mio momento fosse anni fa».

Emma Bonino con il Presidente Sandro Pertini (Photo by WikimediaCommons)

Il “caso Gabanelli”

Una situazione particolare si verificò nel 2013, quando venne fatto il nome della giornalista Milena Gabanelli (1954-). La fondatrice ed ex voce narrante di Report, il noto programma d’inchiesta di Rai 3, fu infatti la più votata alle “quirinarie“: un sondaggio organizzato dal Movimento cinque stelle sul proprio blog per scegliere il candidato che il partito avrebbe poi presentato. Gabanelli ottenne il voto online di 6000 persone ma declinò l’invito: «Credo che per ricoprire un ruolo così alto ci voglia una competenza politica che io non credo di avere».

Milena Gabanelli (Photo by WikiCommons)

I nomi del 2022

Oltre a Belloni e Bonino, quali altre donne sono state indicate per il “toto nomi” del 2022? È tornato quello di Rosy Bindi (1951-), ministra della Repubblica e presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 2013 al 2018, tra le “papabili” del 2006. Per l’elezione di quest’anno sono state proposte anche Letizia Moratti (1949-), ex sindaca di Milano e da gennaio 2021 vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, ed Elisabetta Alberti Casellati (1946-), eletta presidente del Senato nel 2018 su proposta del centrodestra, ma ritenuta valida da tutte le parti politiche. Ugualmente gradita potrebbe essere Marta Cartabia (1963-), prima donna presidente della Corte costituzionale (dal 13 settembre 2011 al 13 settembre 2020) e attuale ministra della Giustizia nel Governo del premier Mario Draghi.

Marta Cartabia (Photo by WikiCommons)

Quelle che “ce l’hanno fatta”

Come abbiamo già detto, la prima a sfondare l’ormai ben noto “soffitto di cristallo” delle istituzioni italiane è stata Nilde Iotti, prima presidente della Camera dei deputati, dal 1979 al 1992. Solo altre due, però, hanno avuto l’occasione di seguirla: Irene Pivetti nel 1994 e Laura Boldrini nel 2013, 19 anni dopo. Per non parlare del fatto che soltanto nel 2018 è stata eletta la prima (e, di conseguenza, l’unica) presidente del Senato donna, ancora in carica: Maria Elisabetta Alberti Casellati. Belloni potrebbe davvero farcela? Come ha detto qualche tempo fa il nostro Presidente della Repubblica uscente, Sergio Mattarella, sarebbe “un sogno, forse una favola”.

Eleonora Panseri

“Prima donna” ancora una volta: chi è Elisabetta Belloni, il nuovo capo dei servizi segreti

“La prima donna”. Quante volte Elisabetta Belloni, la nuova direttrice del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), deve averlo ascoltato a proposito dei suoi successi in un mondo quasi sempre al maschile, quello della diplomazia italiana. Ma questa volta il primato è davvero storico: in seguito alla nomina, annunciata mercoledì 12 maggio, decisa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, l’ambasciatrice romana diventa la prima donna capo dei servizi segreti italiani. D’altronde, non era facile far passare in secondo piano i primati conquistati fin ora, primo tra tutti l’essere stata nel 2016 la prima donna a ricoprire il ruolo di segretario generale del ministero degli Affari esteri.

Elisabetta Belloni è la scelta migliore per guidare i #ServiziSegreti. Una persona di grande capacità e equilibrio. Complimenti a Draghi per la decisione e a lei per l’incarico.

— Carlo Calenda (@CarloCalenda) May 13, 2021

Gli inizi nella diplomazia – Non è stato avaro di complimenti Carlo Calenda nel suo tweet di auguri alla notizia della nomina di Belloni, definendo la decisione di Draghi «la scelta migliore». D’altronde è da ieri che sui social si rincorrono gli apprezzamenti messaggi per l’ambasciatrice, distintasi per i successi ottenuti durante la sua ormai pluriennale carriera diplomatica. Conquistare spazio, responsabilità e riconoscimenti in un mondo quasi del tutto maschile è ormai per Belloni la normalità. Romana, 63 anni il primo settembre, la nuova direttrice del Dis muove i suoi primi passi nella diplomazia italiana nel 1985, dopo aver conseguito nel 1982 la laurea in Scienze politiche alla Luiss. Oltre alle origini romane, ha in comune con Draghi l’aver frequentato lo stesso liceo, il Massimiliano Massimo dei Gesuiti. E inaugura così, giovanissima, la sua serie di “prime volte”, visto che all’epoca l’istutito era interdetto al sesso femminile. Il primo incarico da diplomatica lo ottiene nel 1985, a soli 27 anni: attraverso un concorso diventa volontario nella carriera diplomatica, qualifica che le permette di svolgere le prime missioni, in Italia e all’estero.

Elisabetta Belloni
Elisabetta Belloni, durante la cerimonia di premiazione del XII Edizione del Premio Guido Carli all’Auditorium Parco della Musica, Roma, 07 maggio 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

La carriera alla Farnesina – Il 2004 è l’anno dell’incontro con la politica. Diventa capo – ancora una volta, è la prima donna a ricevere questo incarico – dell’Unità di crisi della Farnesina a fianco del ministro Massimo D’Alema, titolo che conserva fino al 2008. Durante questi quattro anni, segue, tra le altre, emergenze diplomatiche molto delicate, dai rapimenti italiani in Iraq e in Afghanistan al rientro a casa degli italiani rimasti coinvolti nello tsunami del sudest asiatico del 2004. Tra i dossier più scottanti di cui si è occupata, il rapimento del giornalista de la Repubblica Daniele Mastrogiacomo, bloccato in Afghanistan dai Talebani nel 2007. Poi, la sua carriera è tutta in ascesa, Belloni continua a conquistare titoli e incarichi di primo valore: dal 2008 al 2013 è direttrice per la cooperazione allo sviluppo del ministro degli Esteri, poi per le risorse e l’innovazione. Il 2016 è l’anno che la vede diventare segretario generale della Farnesina, in seguito alla proposta dell’allora ministro Paolo Gentiloni: è la prima donna a gestire l’intero complesso sistema, con le sue 300 sedi all’estero.

I risvolti nel governo Draghi – La nomina di Belloni ai vertici del Dis segna di fatto un cambio di passo rispetto alla fase precedente del Dipartimento, quella legata all’era Conte. L’ambasciatrice romana subentra infatti a Gennaro Vecchioni, voluto nel 2018 proprio dall’ex presidente del Consiglio. Draghi ha preventivamente informato della propria intenzione il presidente del Copasir, Raffaele Volpi. Ma, al momento sembrerebbe che il prefetto sostituito fosse all’oscuro della decisione di Palazzo Chigi e che non sia stato convocato alla riunione del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (Cisr), l’organismo parlamentare di controllo sull’attività dei servizi. Tra i tanti – da Matteo Salvini a Matteo Renzi passando per Luigi Di Maio – messaggi di consenso rivolti alla neodirettrice da ogni parte politica, non è così difficile cogliere la soddisfazione per il cambio di passo rispetto all’era Conte. In alcuni casi l’entusiasmo non è nemmeno così implicito: fonti del Carroccio hanno parlato di «ennesimo segnale di discontinuità rispetto alle scelte di Conte e dei 5Stelle».

Maria Teresa Gasbarrone