“Non tutti gli uomini…”: alcune considerazioni

Quante volte abbiamo sentito dire la frase “non tutti gli uomini”? Trasformata anche in un hashtag, #notallmen, è diventata molto famosa fuori e dentro la rete (un hashtag che è anche recentemente tornato nei trend di Twitter).
È assolutamente vero, bisogna riconoscere che buona parte degli uomini non ha comportamenti criminali nei confronti delle donne, MA CHE FORTUNA! (percepite l’ironia?). Sarebbe allo stesso tempo giusto e più che legittimo però chiedersi se per contribuire al benessere e alla sicurezza di tutte le donne (non solo di quelle che rientrano nella propria sfera di affetti) basti solo non molestare, stuprare, uccidere.

Il “non tutti gli uomini” è, per certi versi, un imbarazzante tentativo di togliersi il noto “sassolino dalla scarpa”. Può capitare che, quando si intavola un discorso su un tema caro al femminismo, alcuni uomini usino questo tipo di retorica per non dover discutere oltre: “Non siamo tutti così, non infastiditeci oltre”. Ma la questione è decisamente più complessa di così.

Quello che questi uomini potrebbero fare non è dire “Non faccio le cose sbagliate che fanno gli altri”, rifiutare quindi in blocco la responsabilità di atti sicuramente individuali che, tuttavia, se inseriti in un contesto ben più ampio, in un’ottica di violenza di genere, possono essere ricondotti a una più comune “responsabilità maschile”. Riflettere su quello che fanno o potrebbero fare di più è invece il nodo essenziale del discorso.

Per molte femministe il contributo degli uomini non è necessario ma, quando si combatte una guerra, possono essere utili anche truppe mercenarie per riuscire a vincere il nemico. Insomma, possiamo farcela da sole ma un aiuto in più non guasterebbe. Il problema è che non tutti ma tanti (ancora troppi) uomini non riescono (o non vogliono) stare zitti e ascoltare. Provare a comprendere chi certe dinamiche le ha vissute per secoli e le vive ancora sulla propria pelle ogni giorno non è una perdita di tempo. Per non parlare della vecchia scusa del “eh, ma voi femministe siete troppo aggressive”, con la quale il più delle volte chiudono qualsiasi canale di comunicazione.

Se lo saranno mai chiesti perché siamo così incazzate?

Rifiutare un confronto o cercare in tutti i modi di mettere in ridicolo il proprio interlocutore quando si tratta la parità di genere o il femminismo; minimizzare una violenza, di qualsiasi genere essa sia (e, no, le molestie per strada e il catcalling non sono “complimenti”), o insinuare che una ragazza “se la sia cercata”; parlare di donne in maniera irrispettosa o mostrare “solo tra amici”, senza necessariamente condividerle su chat/social, foto intime di ragazze che non hanno dato esplicitamente il loro consenso . La lista potrebbe continuare all’infinito. Questi non sono reati ma sono atteggiamenti molto diffusi ed estremamente dannosi perché permettono a un certo tipo di retorica e di pensiero tossico di sopravvivere e di generare i già citati fatti ben più gravi che “non tutti gli uomini” fanno.


La convinzione che la situazione possa cambiare resta, così come la speranza che sempre più uomini dicano: “Cambiamola insieme“.

Eleonora Panseri

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